Se nell’era di internet, della tecnologia e dell’intelligenza artificiale tutti i mercati si stanno spostando sempre più verso un mercato globale interconnesso, il mercato legale invece sembra resistere. Lo studio legale digitale è spesso un miraggio.
E non mi riferisco ai grandi studi legali internazionali con decine e decine di dipendenti (o pseudo tali) ma piuttosto ai medio-piccoli studi legali che ogni giorno troviamo di fianco a noi in Tribunale e che rappresentano la vera ossatura del mercato legale italiano.
Sono questi a dover far statistica, sono questi che dobbiamo guardare per capire l’andamento reale del mercato. Non cadiamo nella spirale di alcune “statitstiche” sull’innovazione che non hanno altro scopo che celebrare alcune realtà più o meno virtuose.
Tradizionalista e restio ad ogni forma di cambiamento, lo studio legale medio di oggi sembra ancora avere un approccio Novecentesco. Lo sappiamo noi e lo sa il cittadino, che diciamocela tutta, è anche affascinato da questo stile un po’ retrò: la segretaria, la sala d’attesa, il telefono, il software di videoscrittura e… nei casi più estremi anche il fax.
Il passaggio storico fondamentale, nella storia dell’innovazione (neanche tanto recente per alcuni punti di vista), per i piccoli e medi studi legali (oggi conosciuti anche con il termine boutique legali) sicuramente è stato quello che ha visto le prime “macchine” sostituire la scrittura a mano. Erano i tempi delle macchine da scrivere meccaniche.
STORIA E RICORDI
Ho pochi e confusi ricordi, quando da bambino mi aggiravo curioso nello studio legale di famiglia, dove la segretaria inseriva il foglio a mano in una macchina e batteva con forza sui tasti meccanici di ogni singola lettere, che come in un pianoforte, faceva rimbalzare lo stampo metallico del carattere sul foglio, imprimendo ogni lettera sul foglio. E quando stava per arrivare alla fine del rigo, un suono meccanico squillante la avvisava che il rigo stava per terminare e che di lì a breve avrebbe dovuto azionare una leva (anch’essa metallica) per riportare il meccanismo all’inizio del foglio. Previo ovviamente aver agito sul pulsante “a capo” per far ruotare leggermente il foglio sul tamburo, sul quale era posto, e favorire l’allineamento sul rigo sottostante.
Insomma, una giostra. E non vi dico dei drammi di quando sbagliavi un rigo e dovevi correggerlo.
Poi arrivò la macchina da scrivere elettrica. Il sistema meccanico si fondeva con quello elettronico ed alcune operazioni iniziavano ad automatizzarsi. Non bisognava più tirare con forza la leva metallica per tornare all’inizio del rigo, non bisognava più premere il pulsante “a capo” per far ruotare il rullo ecc ecc.
Passò qualche anno, io crescevo, e sempre più curioso di questo progresso tecnologico, arrivò allo studio il personal computer (il PC, si!).
Non era proprio uno dei primi modelli in produzione né una cima. A noi d’altronde serviva solo per scrivere e sostituire finalmente quella giostra della macchina da scrivere.
Si passò quindi dai grandi e robusti pulsanti in metallo ad una piccola tastiera di plastica, dalla stampa “in diretta” di ogni carattere sul foglio alla video scrittura…che poi avrebbe portato alla stampa definitiva per mezzo di un accessorio collegato al PC, appunto conosciuto come “stampante”.
Una rivoluzione insomma. Si potevano modificare i periodi e le parole senza dove scrivere tutto il foglio dall’inizio, diminuire gli errori di battitura perché il software ti evidenziava le parole scritte male e…quando vedevi (a video) che tutto era perfetto, finalmente potevi stampare.
RIVOLUZIONE VERSO LO STUDIO LEGALE DIGITALE? NON ANCORA
Ho più volte sottolineato quanto il progresso fin qui analizzato fosse rivoluzionario. E per alcuni versi è vero. C’è stata una semplificazione non indifferente.
Ma la rivoluzione vera non c’è stata. Perché in tutte e 2 le rivoluzioni fin qui evidenziate (quella della macchina da scrivere e il PC) il fine ultimo è sempre stato lo stesso: il documento cartaceo.
E così per lungo tempo. Si creavano documenti digitali che puntualmente venivano stampati su carta e sottoscritti a penna.
La sottoscrizione autografa addirittura risaliva a molti secoli prima del medioevo.
Ebbene, la vera rivoluzione si è avvertita, almeno negli studi legali di stampo civilistico, con l’introduzione da parte del legislatore del Processo Civile Telematico.
Al netto di quanto sia arcaica la parola “Telematico”, non posso non sottolineare che è qui la vera rivoluzione.
Finalmente il documento digitale che creavo sul mio caro PC non doveva più essere stampato su carta per renderlo “spendibile”.
Si passa finalmente al cd. “documento informatico”.
Posso finalmente anche spedire un documento senza che questo ci metta un eternità ad arrivare passando dal servizio postale.
La procedura è semplice ed innovativa:
1) si redige l’atto in formato digitale (all’epoca ricordo che era molto in voga la dicitura di “programma di videoscrittura”…ancora per capirci sulle innovazioni nel mondo legale);
2) lo si salva in un formato standard (la prassi si è indirizzata verso il formato PDF);
3) lo si sottoscrive con firma digitale [qui si nota l’uso di una parola (digitale) un po più moderna…anche se sottoscrivere con firma digitale tutto vuol dire tranne che apporre il “grafo personale” al termine di un documento. Ma questa è un altra storia];
4) lo si trasmette (prevalentemente) mediante servizi di Posta Elettronica Certificata. Questa ha largamente sostituito l’uso della Posta tradizionale…qualora ovviamente il soggetto ricevente sia abilitato a ricevere questo tipo di comunicazioni…altrimenti foglio cartaceo, stampa, firmo a mano, imbusto, posta, 3 giorni, se il postino trova il destinatario, consegna.
I legali stanno facendo pratica con questa nuova procedura e (oggi) sono molto contenti, anche se non posso non segnalare che all’inizio il dissenso fu tanto.
Lo studio legale digitale sta prendendo forma.
IL PROBLEMA
Il problema è sotto i nostri occhi. Abbiamo digitalizzato si, ma solo una parte dello studio legale. La vera digitalizzazione, ahimè, non è questa. Questa è quella che ci hanno imposto per continuare a fare il nostro lavoro. Ma abbiamo mancato una occasione.
Abbiamo creduto che digitalizzare fosse obbligatorio, fosse un costo (soprattutto di tempo) e, diciamo, l’abbiamo presa male.
Ci ritroviamo a dover guidare una macchina che per metà va in elettrico e per l’altra metà va a carbone.
Al netto delle situazioni in cui non è ancora possibile digitalizzare, per ragioni che ben conosciamo, dovremmo però cercare di diminuire l’uso del “carbone” per ottimizzare l’”elettrico”.
Ci sono ancora tanti processi che non abbiamo ottimizzato e potremmo giovarne di ciò. Vuoi mettere la felicità e la serenità di un deposito telematico rispetto alle lunghe file fuori al ruolo generale? Perchè allora non applicarlo OGGI anche ad altri aspetti?
La professione potrebbe essere più agile, più veloce e con meno tempi morti. E non meno importante, la gestione economica dello studio legale digitale potrebbe essere anche meno onerosa.
Il tutto a patto di essere coscienti di quello che si fa e di come lo si fa. Soprattutto in ottica di protezione e sicurezza del dato digitale.
Innovare vuol dire cambiare mentalità. Se vogliamo innovare senza cambiare mentalità non siamo altro che un documento digitale, stampato, sottoscritto a mano e spedito per raccomandata.
Con stima