LA RIVOLUZIONE TECNOLOGICA VISTA DEI GIOVANI: TRA ISTRUZIONE, MERCATO E SOCIETA’

LA RIVOLUZIONE TECNOLOGICA VISTA DEI GIOVANI: TRA ISTRUZIONE, MERCATO E SOCIETA’

1. Introduzione

La società digitale è realtà. La soglia del non ritorno è oramai lontana. La rivoluzione tecnologica è in atto!
Da più parti si discute e si dibatte su quali debbano essere le politiche economiche da adottare, sia per innescare nuove tipologie di processi sia per ottimizzare quelli già esistenti. Il governo Italiano si è addirittura dotato di un Ministro per l’Innovazione e numerosi sono e sono stati i provvedimenti e gli aiuti a tema “digitalizzazione”. Si è addirittura parlato di “Industria 4.0” e di “Transizione 4.0: una nuova politica industriale per il Paese”. Investire in innovazione, oltre ad essere oggi uno dei principali strumenti di riduzione dei costi ed aumento del profitto, sta diventando di tendenza. Innovare è bello, innovare è efficiente, innovare è…dovuto.

LA RIVOLUZIONE TECNOLOGICA VISTA DEI GIOVANI-istruzione-mercati-0- Armando De Lucia - Avvocato

Insomma stiamo convertendo il modo di fare le cose da una società “post-analogica” (o pseudo-digitale) ad una “digitale” propriamente detta, dove tutti i benefici sono chiari. Quello che invece continua ad essere oscuro è il costo. E non mi riferisco al mero costo della conversione delle macchine. Mi riferisco a qualcosa di più profondo, a qualcosa che iniziamo a vedere sebbene ancora offuscato. E i giovani forse sono quelli più colpiti.

La rivoluzione tecnologica ha portato e porterà non solo un modo diverso di lavorare ma anche a un diverso modo di relazionarsi (o come oramai si ama dire, confermando ancora una volta quanto si dice, “interfacciarsi con le persone”). Se nei senior continuano a convivere e ad essere usate con regolarità due o più interfacce (intese come “modo di relazionarsi e collegarsi con gli altri”), nei giovanissimi è diverso. Sono anni che mi confronto con loro, andando nelle scuole, nelle associazioni e ad eventi pubblici per divulgare l’essere connessi consapevoli. Non che i giovani non siano dotati dell’interfaccia necessaria per le comunicazioni personali fisiche, ma è indubbio che preferiscano quella per la comunicazione digitale. Più veloce, più efficiente, più economica, meno impegnativa… insomma un tripudio del risparmio computazionale, una meticolosa allocazione di risorse fisiche e mentali personali. Nulla di diverso rispetto a quanto la società digitale sta dicendo loro di fare: ridurre i costi di produzione e aumentare il profitto.

2. I giovani e l'istruzione
2.1 Adolescenti e scuola dell'obbligo

I giovanissimi, veri nativi digitali, sono costretti a vivere in un mondo ancora post-analogico. La mattina si svegliano per andare a scuola, lì trovano delle vere e proprie mostre di arte tecnologica, installate per cercare di diminuire il gap tra vita reale e vita scolastica, oltre che per mostrare ai genitori una nuova scuola, attenta alla rivoluzione tecnologica.

Ma la verità è che sotto sotto la scuola non è cambiata affatto. O meglio, si trova anch’essa nella fase “post-analogica”. E di questa digitalizzazione mancata, la lavagna interattiva multimediale (LIM, già il nome dovrebbe dire tutto) ne è il simbolo. I giovanissimi, abituati a muoversi alla velocità della luce sui nuovissimi e scintillanti smartphone che i genitori tanto amorevolmente gli hanno acquistano, si trovano, ogni giorno, a dover entrare in un mondo completamente distante da loro e dove ogni occasione è buona per sbloccare lo smartphone e respirare, seppur per pochissimo tempo, quell’aria di libertà del nuovo mondo. Ogni cambio d’ora o ogni distrazione dell’insegnate è il momento buono per una dose di vera società 4.0. Quella società che tanto amano ma che resta fuori dalle mura della scuola, sul cui cancello di ingresso svetta simbolicamente la scritta (estratta dal regolamento d’Istituto) “lasciate ogni smartphone spento voi che entrate”.

Ore 8.20, iniziano le lezioni. L’insegnante (il server) configura la LAN* di classe: pinga** gli alunni presenti (i client) uno alla volta ed inizia a trasmettere. Subito si accorge che alcuni di loro, sebbene fisicamente presenti ed accesi, non sono raggiungibili. Il Server tenta un riavvio forzato. Alcuni ripartono altri no. Ristabilita la connessione, alla terza ora, qualche client inizia a perdere pacchetti. L’insegnate manda il sistemista e questi riferisce che su cinque client controllati, tre si erano spenti per mancanza di energia mentre altri due, sebbene la policy lo vietasse, dedicavano il 95% delle risorse computazionali ad un altra rete, probabilmente per usare il servizio denominato instagram.

2.2 Università e mondo del lavoro

Dopo qualche anno finalmente il diploma. La scelta è duplice: entrare subito nel mondo del lavoro o continuare gli studi. Entrambe le opzioni necessitano di ulteriore formazione, perché la scuola non ha dato conoscenze immediatamente spendibili nel nuovo mondo del lavoro. Via con costosissimi corsi di formazione e preparazione ai nuovi lavori, se non si vuol finire nell’oblio della disoccupazione. Si inizia a fare qualche conto. Molti non riescono a sopportare i costi. Chi è fortunato chiede ai genitori o alla pensionata nonna di supportare il suo futuro e permettergli di continuare a girare su questa ruota che non sa quando si fermerà. Altrimenti il limbo. Lo stato di mezzo. Il vagare con il curriculum sotto mano alla ricerca del lavoro che forse mai arriverà se non attraverso pericolose e strette scorciatoie.

Molti scelgono giustamente l’università ma si accorgeranno ben presto che sono finiti nell’ennesimo loop dal quale ne usciranno solo mediante altri corsi di formazione al lavoro, apprendistato o tirocinio. Diploma, laurea, specialistica, master, perfezionamento, dottorato, pratica, lingue e i giovani si ritrovano a 30 anni iper-specializzati, con delle conoscenze spesso troppo alte per il mercato. Allora sono costretti ad accettare lavori sottopagati rispetto alle qualifiche, pur di andare avanti, o a spostare completamente la loro attenzione verso altri orizzonti e ricominciare da capo, abbandonando e gettando al vento quanto fin lì fatto, o infine ad emigrare, verso mete lontane, dove forse il loro essere sarà apprezzato e la loro iper-specializzazione sarà correttamente retribuita, inseguendo quel “sogno americano” oramai impresso nelle loro anime dalle tante serie tv avidamente consumate online.

I più intraprendenti si butteranno nell’imprenditoria o in una libera professione. Ma nessuno gli ha spiegato come farlo. La scuola forma solo ottimi dipendenti! Se fortunati avranno una bella idea e sognando la exit milionaria, cederanno felici il loro albero fiorito pronto alla produzione dei frutti alla prima multinazionale.
Il mercato tecnologico oggi offre opportunità per tutti. E’ un mare calmo con grandi “oceani blu”. Ma la tendenza è alla saturazione oltre che all’estensione della linea da parte dei big, che oramai, con i dati hanno dimostrato di poter conquistare ogni tipo di mercato come un contemporaneo Re Mida.

3. il vecchio e il nuovo alla prova sociale della rivoluzione tecnologica: la giustizia

Nulla di nuovo, starete pensando. Vero. L’unica differenza, che cambia tutto, è che i giovani di oggi si trovano a dover giocare in un mondo senza regole, senza principi e senza nazionalità. Qualcosa che i loro genitori e/o insegnanti difficilmente hanno mai vissuto e su cui non potranno dare consigli, se non ripetere fino allo sfinimento quanto loro tramandato da generazioni e generazioni precedenti, dove il cambiamento è stato talmente lento da dare alle generazioni successive il tempo di assorbire ed organizzare adattamenti di quegli stessi principi e valori.

Siamo di fronte ad una rivoluzione tecnologica ma anche economica. E ho forti sospetti che questa contrazione che stiamo affrontando sia anche dovuta a questi cambi di paradigmi (vedesi da un lato una ingente quantità di attività tradizionali che chiudono perché non più adeguate al mercato e dall’altro nuove attività che nascono e schizzano in alto alla velocità della luce grazie alla rete). Quello che invece posso affermare senza ombra di dubbio è che questa rivoluzione tecnologica coinvolge anche la società, intesa come comunità e socialità. E lì dove c’è un mutamento sociale c’è un mutamento di ordinamento giuridico, poiché questo non è altro che l’espressione di uno status di natura a cui il prodotto chiamato legge offre soluzioni socialmente e politicamente accettate (penso alla regolamentazione delle ICO o a quella sul trattamento dei dati personali in forma digitale).

Se mutamento sociale è uguale a mutamento giuridico ed il primo è oramai rapidissimo allora anche il secondo dovrà essere riformato per adeguarlo a tale velocità. Non è concepibile per un esponente della generazione Z che l’ordinamento non gli riconosca, troppo spesso, una vera possibilità di giustizia. E quando la riconosce, la riconosce dopo anni e anni.
La conseguenza è duplice: da un lato il diffondersi di un generale pessimismo verso il sistema giustizia (e quindi un, ancora, maggior allontanamento dalla società) dall’altro il proliferare di nuove tutele basate su consuetudini di mercato (la cd. lex mercatoria) dove però chi impone la legge-consuetudine non è il piccolo cittadino ma il grande Golia.

È per tutti questi motivi che i giovani d’oggi non sentono propria questa società e preferiscono, perché no, le piccole comunità virtuali, dove poter essere e manifestare se stessi liberamente, protetti dallo pseudonimo, che li libera (fin troppo, sotto certi aspetti) da ogni aspettativa sociale legata al proprio vero nome, alla propria classe sociale e a tutto ciò che gli altri si aspettano da loro.

4. conclusioni

Siamo giunti alla fine di questo spaccato tremendamente realista. Che esito avrà questa rivoluzione tecnologica non lo so. Possiamo solo tentare, con fervida immaginazione, di rappresentare un futuro dove l’uomo, tra i tanti cambiamenti, conoscerà e forse sposerà IA (Intelligenza Artificiale).

Ed allora non sarà più l’uomo a doversi porre il problema del futuro della tecnologia, ma sarà questa a porsi il problema del futuro dell’uomo.